L'azione revocatoria è una particolare operazione che il creditore chiede ad un giudice per far sì che alcune azioni compiute dal debitore sul proprio patrimonio vengano considerate non valide nei suoi confronti.
Per il creditore, infatti, quel patrimonio è importante perché, se il debito non viene saldato, i beni del debitore possono essere pignorati e venduti forzatamente, in modo tale da recuperare il credito con il ricavato della loro vendita.
Il creditore può chiedere l'azione revocatoria quando il debitore compie operazioni che potrebbero procurargli un danno, come vendere o donare alcuni suoi beni.
Ad esempio, Michele ha un debito con Giovanni di 100.000 euro. Ad un certo punto decide di donare la sua Ferrari a sua cugina Francesca. Questa operazione riduce il suo patrimonio e danneggia Giovanni: se il debito non viene saldato, infatti, il ricavato della vendita di quel patrimonio rimasto potrebbe non bastare per soddisfarlo.
Se la richiesta viene accettata, l'operazione compiuta dal debitore viene considerata inefficace nei confronti del solo creditore, non di altre persone.
Questo significa che il bene che è stato venduto o donato resta nelle mani del nuovo proprietario, ma il creditore può agire contro di lui. Può, infatti, chiedere che venga comunque pignorato oppure sequestrato preventivamente, per avere ancora la possibilità di essere soddisfatto con la vendita forzata.
Quindi, se Giovanni ha ottenuto l'azione revocatoria, la Ferrari resta nelle mani di Francesca, ma lui può chiedere che le venga pignorata oppure sequestrata.
Per ottenere l'azione revocatoria, però, il creditore deve riuscire a dimostrare al giudice che quell'operazione può davvero rivelarsi dannosa per lui e che è stata fatta proprio con lo scopo di ridurre il patrimonio del debitore.
Sono necessari, quindi, alcuni elementi fondamentali.
Prima di tutto deve esserci una frode del debitore: deve essere provato che il debitore ha compiuto quelle operazioni proprio per danneggiare il creditore.
Se il bene è stato venduto o donato prima di contrarre il debito, deve esserci stata una premeditazione: Michele, ad esempio, ha donato la Ferrari prima di chiedere il prestito a Giovanni proprio perché sapeva che, se un giorno non avesse saldato quel debito, poteva essergli pignorata.
Deve, poi, esserci davvero un danno: il debitore deve essersi liberato di beni "di valore" che hanno provocato una riduzione del patrimonio e quindi un danno reale per il creditore. Se per esempio Michele ha donato solo la sua bicicletta mantenendo nel patrimonio la Ferrari, Giovanni non viene di certo danneggiato da questa operazione.
Se l'azione compiuta è a titolo oneroso (cioè si è trattato ad esempio di una vendita), oltre a frode e danno da parte del debitore, deve essere dimostrata anche la "malafede" di chi ha comprato quel bene: la terza persona sapeva di provocare un danno comprando quella cosa.
Di solito un giudice ha la conferma di questa malafede guardando il prezzo di vendita: se per esempio Francesca ha comprato la Ferrari da Michele a sole 200 euro, probabilmente era a conoscenza del fatto che fosse stata messa in vendita solo per farla uscire dal patrimonio ed impedire, quindi, a Giovanni di metterci le mani sopra in futuro.
Se l'azione compiuta è a titolo gratuito, invece, per ottenere la revocatoria il creditore deve solo dimostrare che ci sono state frode e danno da parte del debitore, mentre non fa alcuna differenza se chi ha accettato quel dono l'ha fatto in malafede o meno.