Orario di Lavoro

Disciplina orario di lavoro: settimanale, giornaliero

La legge sull'orario di lavoro

L'orario di lavoro è uno degli elementi più importanti di un contratto lavorativo, in quanto è in base ad esso che viene deciso quanto deve durare l'attività del lavoratore e quale compenso meriti per questo.
L'articolo 36 della Costituzione della Repubblica Italiana stabilisce che la durata massima di una giornata lavorativa debba essere indicata dalla legge, e sottolinea come un lavoratore abbia diritto sia al riposo settimanale che alle ferie annuali, senza potervi rinunciare.

La disciplina dell'orario di lavoro fino a non molto tempo fa era regolata da un Decreto Legislativo del 1923, il quale prevedeva un limite di 8 ore di lavoro al giorno e 48 a settimana. Nel 2003, invece, l'intero settore è stato riformato con il Decreto Legge n°66, attraverso il quale sono state adottate in Italia alcune Direttive della Comunità Europea.

Il D.lgs 66/2003 riunisce tutte le norme riguardanti ferie, festività, pause, orario, lavoro notturno e straordinario. Questa normativa si applica per la maggior parte dei lavoratori subordinati (privati e pubblici) ma restano escluse alcune categorie, come chi lavora nel mondo della scuola, il personale marittimo e di volo, coloro che, nelle imprese, si occupano di trasporto di merci e/o persone. Inoltre, non viene applicata quando ci sono particolari esigenze di difesa e sicurezza, quindi per forze armate, vigili del fuoco, polizia, protezione civile, ecc.

Per legge l'orario di lavoro è stabilito dal datore e deve, quindi, essere specificato nel regolamento aziendale nonché comunicato al lavoratore sul contratto o sulla lettera di assunzione.
In realtà sono i contratti collettivi nazionali ad indicare quale orario può essere effettivamente adottato, in base ai vari settori lavorativi.

L'orario di lavoro settimanale può essere:

I contratti collettivi possono anche fissare un orario multi-periodale, cioè stabilire una durata media riferita ad un determinato periodo (non superiore ad un anno). Può, quindi, esser deciso che il limite legale delle 40 ore debba esser seguito solo "come media", quindi non in modo rigido tutte le settimane. Per capire meglio, facciamo un esempio.
Mario, nel mese di Marzo, deve rispettare il seguente orario di lavoro settimanale programmato:

In tutto lavorerà 160 ore che, divise per 4 settimane, danno la media di 40 ore. Le ore che superano il limite legale (quelle della prime due settimane) non sono considerate lavoro straordinario, in quanto vengono compensate successivamente. Un orario così flessibile, infatti, offre al datore di lavoro la possibilità di organizzare le attività in base alle vere esigenze dell'azienda, senza dover ricorrere al lavoro straordinario, che ha invece un certo costo. Inoltre, la legge stabilisce che la contrattazione collettiva possa anche fissare un limite massimo per l'orario di lavoro settimanale, pari a 48 ore ogni 7 giorni, comprensive anche di eventuali straordinari. Questo periodo può non essere rispettato in modo rigido, ma deve comunque essere seguito come media, per un periodo non superiore a 4 mesi, che possono diventare 6 o massimo 12 se ci sono valide ragioni tecniche ed organizzative.

L'orario di lavoro giornaliero non è attualmente indicato in modo preciso dalla legge. Si parla, infatti, solo di riposo giornaliero a cui ha diritto il lavoratore, pari ad 11 ore possibilmente consecutive su 24.
Da ciò si presume allora che il limite massimo per un singolo giorno sia di 13 ore di lavoro. Inoltre, se l'orario giornaliero supera le 6 ore, il lavoratore ha diritto ad alcune pause per recuperare le energie. Modalità e tempi di queste pause sono di solito stabilite dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro.

Orario di Lavoro: Elenco Avvocati e Studi Legali
Ammortizzatori sociali: cosa sono
Sono strumenti attraverso i quali si offre un aiuto economico al lavoratore in difficoltà, soprattutto quando perde il lavoro oppure si ritrova con un reddito ridotto a causa della sospensione dell’attività lavorativa. Sono ammortizzatori per es. Cassa Integrazione e Mobilità.
Lavoro autonomo: cos’è
È l’attività svolta da un lavoratore ("prestatore d’opera") per conto di un’altra persona in piena autonomia: può decidere per es. modalità di svolgimento, tempi, luoghi, ecc.
Si tratta della forma di lavoro tipica di professionisti come medici, avvocati, ecc., ma anche di imprenditori, agricoltori, ecc.
Congedi formativi
Sono periodi di assenza da lavoro giustificati per motivi di studio che vanno oltre le 150 ore concesse dal diritto allo studio. Il lavoratore mantiene il posto, ma non viene pagato per i giorni di assenza. Sono disciplinati dai contratti collettivi nazionali, che ne indicano durata, lavoratori che possono usufruirne, ecc.
Lavoro notturno: divieti
In Italia non possono svolgere lavori notturni le donne in gravidanza, fino al primo anno di vita del bambino. Inoltre è vietato in caso di particolari condizioni di salute.
Il lavoratore può comunque rifiutarsi di lavorare di notte senza rischiare sanzioni in alcune situazioni (per es. quando ha a carico un disabile).
Congedo di maternità
Permette ad una donna di astenersi da lavoro in caso di gravidanza. È un congedo obbligatorio: per legge, infatti, la donna non può lavorare in prossimità del parto. Dura in totale 5 mesi: 2 precedenti il parto, 3 successivi. La donna può anche scegliere di astenersi da lavoro 1 mese prima della nascita e 4 dopo.
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