Il lavoro intermittente o a chiamata è una forma particolarissima di lavoro subordinato in base alla quale un lavoratore deve svolgere attività solo quando il datore di lavoro ha effettivamente bisogno di lui per soddisfare esigenze periodiche dell'impresa.
Viene chiamato intermittente proprio perché l'attività è discontinua e viene eseguita solo a seguito della richiesta (la chiamata) del datore di lavoro.
La normativa che regola il lavoro a chiamata ha subito modifiche nel corso del tempo: comparso per la prima volta con la Riforma Biagi del 2003 (D.Lgs 276/2003), è stato poi aggiornato dalla Riforma Fornero del 2012 (Legge 92/2012).
Attualmente si è tornati a parlare di questo argomento per via del Jobs Act, la nuova riforma del lavoro avviata in Italia nel 2014 (Legge 183/2014).
Lavoro intermittente: Riforma Fornero.
La Riforma Fornero ha introdotto alcune novità per il contratto di lavoro intermittente tuttora valide, modificando in modo particolare i limiti di età dei lavoratori. La vecchia normativa della Riforma Biagi, infatti, prevedeva che questi contratti potessero essere stipulati solo per chi aveva più 45 anni e meno di 25; la Legge Fornero n.92/2012, ha cambiato queste soglie: più di 55 anni; meno di 24 anni non ancora compiuti.
Lavoro a chiamata: Jobs Act.
Il Jobs Act non ha in realtà apportato alcuna modifica alla disciplina del lavoro a chiamata, ma ha comunque inserito questa forma d'impiego all'interno di un Decreto Attuativo attraverso il quale intende riordinare l'intero settore dei contratti lavorativi.
Per il contratto di lavoro a intermittenza, quindi, attualmente valgono le stesse regole stabilite dalla Riforma Fornero.
Il contratto a chiamata può essere stipulato nel momento in cui vi è la necessità di eseguire attività intermittenti o comunque discontinue per soddisfare esigenze dell'impresa. Queste esigenze normalmente sono indicate dai contratti collettivi stipulati tra rappresentanti dei lavoratori e rappresentanti dei datori di lavoro.
Il rapporto può nascere anche per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.
Il lavoro intermittente è vietato se si ricorre a questa forma contrattuale con l'intenzione di sostituire dipendenti normali in sciopero, se l'impresa nei 6 mesi precedenti ha licenziato (oppure sospeso, ridotto l'orario, ecc.) dipendenti che svolgevano le stesse mansioni che intende affidare a lavoratori intermittenti o, infine, se non è stata effettuata prima dello svolgimento delle attività l'obbligatoria valutazione dei rischi per la sicurezza sul lavoro.
Possono accedere a questa forma d'impiego lavoratori che abbiano:
Limiti di tempo. Ogni lavoratore con lo stesso datore di lavoro può dar vita ad un rapporto che non superi i 400 giorni effettivi di attività nell'arco di 3 anni. Se il limite non viene rispettato, il rapporto viene automaticamente considerato a tempo pieno e indeterminato.
Pubblici esercizi, turismo e spettacolo sono gli unici settori per i quali è stata prevista la possibilità di instaurare rapporti di lavoro a intermittenza senza l'obbligo di rispettare limiti temporali. Quindi per le attività che vengono eseguite per esempio all'interno di ristoranti, bar, alberghi, teatri, ecc. non è previsto il limite di 400 giorni in 3 anni.
Il contratto intermittente deve essere scritto e al suo interno devono essere riportate numerose informazioni, alcune delle quali obbligatorie, come per esempio la durata del rapporto e le ragioni per le quali viene instaurato, il modo in cui il lavoratore si rende disponibile, il preavviso che deve essergli obbligatoriamente dato e che, per legge, non può essere inferiore ad 1 giorno lavorativo, il luogo in cui verrà eseguita l'attività, le misure di sicurezza adottate e tutte le questioni relative a compenso e trattamento normativo.
Sul contratto può essere anche prevista un'indennità di disponibilità qualora sia presente in esso anche un obbligo di disponibilità per il lavoratore.
Con la nascita del rapporto in sé, infatti, il lavoratore non è automaticamente costretto ad essere disponibile ogni volta in cui il datore ha bisogno di lui, ma lo diventa se sul contratto viene riportato nero su bianco un obbligo di questo tipo. In questo caso, proprio in quanto obbligato contrattualmente a rispondere sempre positivamente alle richieste del datore, il lavoratore ha diritto a questa indennità, cioè ad una somma aggiuntiva per i periodi in cui è in attesa di essere chiamato.
La retribuzione oraria per un lavoratore intermittente è uguale a quella di qualsiasi altro lavoratore: queste persone, infatti, hanno diritto allo stesso trattamento economico e normativo previsto per un normale dipendente che svolge le stesse mansioni.
Lavoro intermittente: comunicazione preventiva.
Il datore di lavoro, prima dell'inizio del lavoro intermittente o di un ciclo di attività di lavoro intermittente non superiore a 30 giorni, è tenuto a comunicare la durata del rapporto alla direzione territoriale del lavoro, tramite sms, posta elettronica o altri mezzi di comunicazione indicati da decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Se non lo fa, subisce una sanzione amministrativa per via della quale dovrà pagare da 400 a 2400 euro per ogni lavoratore per il quale non ha comunicato nulla alla direzione territoriale del lavoro.
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