Part-time è il termine con il quale si indica il lavoro a tempo parziale, ovvero quel rapporto subordinato grazie al quale un lavoratore ha la possibilità di seguire un orario inferiore rispetto alle 40 ore settimanali.
Mentre per il full time – il lavoro a tempo pieno – è previsto un limite legale di 40 ore lavorative settimanali (o un limite stabilito dai contratti collettivi), con il part-time l'orario di lavoro è ridotto. La riduzione può essere giornaliera, settimanale, mensile oppure annuale. A seconda dei casi, infatti, si parla di:
Il contratto part-time deve essere stipulato in forma scritta e contenere informazioni sia sulla durata dell'attività lavorativa, sia sulla suddivisione dell'orario nell'arco della giornata, della settimana, del mese, dell'anno.
Se manca la forma scritta non è considerato nullo, ma, in caso di contrasti, lavoratore e datore di lavoro potrebbero avere difficoltà nel cercare di dimostrare che tipo di rapporto di lavoro hanno instaurato: senza un documento scritto, infatti, possono solo sperare nell'intervento di eventuali testimoni.
Contratto part-time: retribuzione.
Una persona assunta con contratto part-time ha diritto alla stessa retribuzione oraria prevista per i colleghi a tempo pieno. Il suo stipendio viene ovviamente calcolato in base all'orario ridotto stabilito sul suo contratto.
Inoltre, ha diritto anche allo stesso trattamento per quanto riguarda giorni di malattia, congedi di maternità o paternità, infortuni, ecc.
Contratto part-time: ferie.
Se il contratto part-time stipulato è di tipo orizzontale (quindi se la riduzione riguarda l'orario di lavoro giornaliero), il lavoratore matura lo stesso numero di giorni di ferie dei suoi colleghi full time.
Se invece è verticale (cioè se lavora solo in certi giorni della settimana, del mese, dell'anno) le ferie saranno proporzionali all'attività lavorativa che avrà effettivamente svolto.
Lavoro supplementare e lavoro straordinario riguardano i casi in cui un datore di lavoro chiede al dipendente part-time di eseguire l'attività per un tempo superiore a quello stabilito dal suo contratto. Il lavoro supplementare riguarda le ore di lavoro svolte in più entro il limite del tempo pieno (40 ore settimanali), si parla invece di lavoro straordinario quando le ore lavorate in più superano le 40.
Il Jobs Act, l'ultima riforma del lavoro attuata in Italia con la Legge n. 183 di Dicembre 2014, attraverso un Decreto Attuativo attualmente in esame preliminare, ha previsto delle integrazioni alle norme che regolano queste situazioni.
Il lavoro supplementare, stando al decreto, può ora essere richiesto dal datore solo se il rapporto instaurato con il dipendente è un part-time di tipo orizzontale, quindi se c'è una riduzione dell'orario di lavoro giornaliero (mentre in passato poteva esserci anche con il part-time verticale e misto, se l'orario risultava inferiore a quello normale settimanale).
Il numero di ore di lavoro supplementare che è possibile svolgere viene stabilito dai contratti collettivi; nel caso in cui questi contratti non forniscano alcuna indicazione al riguardo, il datore può solo chiedere il consenso del lavoratore, cioè domandargli se desidera svolgere del lavoro supplementare. L'eventuale rifiuto del dipendente non può essere causa di licenziamento.
Inoltre, sempre in mancanza di indicazioni da parte dei contratti collettivi, la regola generale stabilita dalla riforma è che non venga superato il 15% delle ore di lavoro settimanali previste. Il dipendente ha in questi casi diritto ad una maggiorazione sullo stipendio orario pari al 15%.
Il lavoro straordinario è possibile, invece, solo in caso di part-time verticale – quindi quando la riduzione dell'orario normale è settimanale, mensile o annuale – e di part-time misto. Segue le norme generali, cioè le stesse regole applicate al lavoro a tempo pieno.
Contratto part-time: clausole di flessibilità ed elasticità.
Le clausole di flessibilità ed elasticità sono accordi tra lavoratore e datore di lavoro (messi nero su bianco sul contratto) grazie ai quali quest'ultimo ha la possibilità di modificare ciò che è stato previsto in origine in caso di necessità.
Nello specifico, con le clausole di flessibilità il datore può cambiare la collocazione temporale della prestazione lavorativa, ma non la sua durata: per esempio può decidere che il dipendente lavori il mercoledì e il giovedì anziché il lunedì ed il martedì concordati inizialmente, ma non può aggiungere un ulteriore giorno lavorativo.
Inserendo sul contratto clausole di elasticità, invece, il datore ha la possibilità anche di aumentare la durata dell'attività lavorativa. In questo caso, in base al Jobs Act, è tenuto a dare obbligatoriamente un preavviso al dipendente di almeno 2 giorni e a rispettare un determinato limite: l'aumento, infatti, non può superare il 25% della normale attività annuale a tempo parziale.
Trasformazione da full time a part-time.
La trasformazione di un contratto full time in part-time può avvenire dietro richiesta del lavoratore o del datore di lavoro. Entrambi hanno piena libertà di rifiutare il proprio consenso: il dipendente non può essere licenziato se rifiuta il part-time, e il datore non è obbligato a concedere la trasformazione.
Per legge, però, alcune persone hanno diritto alla trasformazione, per cui la loro richiesta non può esser rifiutata. Fino ad ora questo diritto era previsto solo per i lavoratori affetti da malattie oncologiche (tumore, cancro, ecc.); il Jobs Act l'ha recentemente esteso a chiunque soffra di gravi patologie cronico-degenarative (per esempio sclerosi multipla).
Queste persone, quindi, possono passare dal tempo pieno al tempo parziale se lo desiderano e possono anche tornare al full time in un secondo momento, presentando una nuova richiesta di trasformazione.
Altri lavoratori hanno invece diritto di priorità nel momento in cui chiedono la trasformazione del rapporto in part-time. È il caso di chi deve assistere un familiare (coniuge, figli, genitori) gravemente malato o un convivente con totale e permanente inabilità lavorativa oppure di chi ha un figlio portatore di handicap o minore di 13 anni.
Inoltre, i dipendenti di un'impresa diventati part-time a seguito di una trasformazione hanno diritto di precedenza nel caso in cui il datore voglia assumere nuovo personale full time per le stesse mansioni (o per mansioni equivalenti).
Il Jobs Act, infine, ha introdotto una novità importante che riguarda chi ha diritto a congedi parentali: se il lavoratore lo desidera, al posto del congedo parentale può chiedere ora per una sola volta la trasformazione del rapporto da full time a part-time. In questo caso l'orario di lavoro non può essere ridotto oltre il 50%.
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