Il contratto a tempo determinato nasce nel momento in cui una persona viene assunta "a termine", cioè fino ad una data prestabilita.
Questo contratto può anche essere prorogato (la sua scadenza iniziale può essere posticipata) e rinnovato (al termine del primo contratto può esserne stipulato un altro tra le stesse persone). In tutto, però, il rapporto di lavoro che si instaura in questi casi non deve durare più di quanto stabilito dal nostro ordinamento e viene considerato valido solo se rispetta precisi limiti e norme di legge.
Il contratto a termine è stato più volte revisionato nel corso del tempo al fine di evitare abusi nel suo utilizzo: gli interventi e le modifiche maggiori hanno infatti puntato l'attenzione proprio su questioni come durata totale del rapporto e possibilità di rinnovo del contratto.
Negli ultimi anni particolarmente importanti sono state le novità introdotte dalla Riforma Fornero e dal Jobs Act.
Con la Riforma Fornero del 2012 (Legge 92/2012) si è parlato per la prima volta di contratto acausale, ovvero della possibilità di dar vita ad un rapporto a tempo determinato senza dover obbligatoriamente giustificarlo per iscritto.
In passato, infatti, era obbligatorio riportare sempre sul contratto i motivi tecnico—produttivi aziendali a causa dei quali il datore di lavoro aveva deciso di assumere un dipendente solo per un periodo prestabilito.
Nel 2012, invece, diventò possibile stipulare contratti acausali in due situazioni: quando si aveva l'intenzione di affidare al dipendente qualunque tipo di mansione (solo per 1 anno) e in altri casi previsti dai contratti collettivi.
Il Jobs Act (Legge 183/2014) – l'ultima riforma del lavoro attuata in Italia sotto il governo Renzi – ha apportato ulteriori modifiche alla disciplina, partendo dal Decreto Poletti del 2014 fino ad arrivare ad un decreto attuativo nei primi mesi del 2015 con il quale s'intende dar vita ad un vero e proprio riordino dei contratti di lavoro in Italia.
Tra le novità vi è la possibilità di stipulare sempre un contratto acasuale (dunque in qualunque caso, senza essere obbligati a giustificare la propria scelta) e nuove norme da seguire relative a durata totale del rapporto, eventuali rinnovi, limiti di assunzione di personale a tempo determinato.
Attualmente, dunque, i contratti a tempo determinato italiani seguono la disciplina prevista dal Jobs Act.
Il contratto a tempo determinato nel 2015 è acasuale, quindi non è necessario spiegare perché si è scelto questo tipo di rapporto, ma resta obbligatorio riportare per iscritto il suo termine di scadenza se superiore ai 12 giorni.
Complessivamente il rapporto non può durare oltre 36 mesi comprensivi di proroghe e/o rinnovi: se questo limite non viene rispettato, il rapporto viene considerato automaticamente a tempo indeterminato.
In realtà dopo 3 anni datore di lavoro e lavoratore hanno la possibilità di dar vita per una sola volta ad un nuovo contratto di massimo 12 mesi, da stipulare obbligatoriamente presso la Direzione Provinciale del Lavoro.
Il lavoro a tempo determinato è vietato in alcuni casi: nello specifico non è possibile assumere persone a tempo determinato per sostituire dipendenti in sciopero, se negli ultimi 6 mesi l'impresa ha dato vita a licenziamenti collettivi (oppure a riduzione di orario, messa in cassa integrazione, ecc.) di lavoratori adibiti alle stesse mansioni o, infine, se non ha effettuato l'obbligatoria valutazione dei rischi per la sicurezza sul lavoro.
Un datore di lavoro, inoltre, può assumere a tempo determinato solo un certo numero di lavoratori: per legge, infatti, non deve essere superato con questi contratti il 20% dei dipendenti a tempo indeterminato che già lavorano nell'impresa.
Nel momento in cui il datore va oltre questa percentuale, subisce sanzioni amministrative, cioè è costretto a pagare delle somme di denaro per ogni lavoratore in più.
Il limite del 20%, però, non si applica in tutti i casi. Per esempio, le imprese che occupano fino a 5 dipendenti possono stipulare sempre contratti a tempo determinato, così come sono esonerate altre realtà, in modo particolare le start up innovative nei primi 4 anni, le imprese o enti che assumono persone per specifiche attività di ricerca scientifica o tecnologica, quelle che operano nel mondo dello spettacolo, le attività in fase di avvio, ecc.
Contratto a tempo determinato: rinnovo.
Una volta raggiunta la scadenza, queste tipologie di contratti possono essere rinnovati dalle stesse persone. Tecnicamente questo significa far nascere un nuovo contratto dello stesso genere.
Ciò che conta è che, anche conteggiando l'eventuale rinnovo, il rapporto non superi mai in totale i 36 mesi complessivi.
Tra primo e secondo contratto, inoltre, è obbligatorio anche rispettare un preciso intervallo. La pausa deve essere di:
Contratto a tempo determinato: proroga.
La scadenza può anche essere posticipata in un secondo momento, quindi è possibile per legge prorogarlo.
La proroga, però, può avvenire solo se le mansioni affidate al dipendente non cambiano e se il contratto ha una durata inferiore ai 3 anni.
In tutto è possibile prorogare il contratto massimo 5 volte nell'arco di 36 mesi.
In alcuni casi il rapporto può comunque proseguire anche senza proroga.
Questa possibilità è prevista quando è necessario che un lavoratore porti a termine un'attività, ma a patto di rispettare precisi limiti e pagare a quella persona una maggiorazione dello stipendio per ogni giorno di lavoro in più. Nello specifico, dovrà essere versato:
Se si lavora oltre 30 giorni con un contratto inferiore ai 6 mesi ed oltre 50 negli altri casi, il rapporto viene automaticamente considerato a tempo indeterminato a partire dalla sua data di scadenza.
Diritto di precedenza.
I lavoratori con contratto a tempo determinato superiore ai 6 mesi hanno diritto di precedenza sulle assunzioni a tempo indeterminato che possono avvenire in azienda per le stesse mansioni entro un anno.
Se l'attività era di tipo stagionale, hanno diritto di precedenza anche sulle assunzioni a tempo determinato.
In entrambi i casi un lavoratore con contratto a termine deve manifestare il suo desiderio di continuare a lavorare per quell'impresa, ovvero comunicare al datore di lavoro la sua volontà di esercitare il diritto di precedenza. La comunicazione deve avvenire entro 6 mesi dalla fine del rapporto, che si riducono a 3 mesi in caso di attività stagionali.
Contratto a tempo determinato: maternità.
Precedenze sulle assunzioni ed altri vantaggi sono previste anche per le lavoratrici con contratto a termine che affrontano una gravidanza.
In questo caso, nel conteggio effettuato per capire se il periodo di attività a termine è superiore o meno a 6 mesi (dunque se hanno davvero maturato il diritto di precedenza) viene considerato anche il congedo obbligatorio di maternità di cui possono aver usufruito durante il rapporto.
Contratto a tempo determinato: dimissioni e preavviso.
Il diritto di recesso – cioè la possibilità di interrompere il rapporto prima della scadenza prestabilita – può essere esercitato esclusivamente in due situazioni:
Il lavoratore a tempo determinato, dunque, può presentare le sue dimissioni solo se ha il consenso del datore oppure se per esempio è accaduto qualcosa che gli impedisce effettivamente di proseguire l'attività.
Inoltre, in caso di rapporto a tempo determinato non è previsto l'obbligo di preavviso.
Vedi anche: