I lavori socialmente utili – conosciuti anche con l'acronimo LSU – sono attività svolte in favore della collettività da parte di quelle persone che si ritrovano a vivere in condizioni di svantaggio dal punto di vista lavorativo, come per esempio i disoccupati, coloro che sono alla ricerca di un primo impiego, chi è iscritto nelle liste di mobilità o riceve trattamenti straordinari di integrazione salariale, ecc.
Le attività previste per un LSU vengono eseguite per conto delle Pubbliche Amministrazioni (definite dalla legge soggetti utilizzatori) e riguardano settori come la cura e l'assistenza delle persone (anziani, bambini, disabili, recupero di tossicodipendenti, ecc.), la tutela della salute e dell'ambiente, la valorizzazione del territorio e del patrimonio culturale, lo sviluppo del turismo ed altri campi di pubblico interesse.
Lavori socialmente utili: mobilità. Per il nostro ordinamento il lavoro socialmente utile non comporta la nascita di un rapporto di lavoro vero e proprio: si tratta, infatti, di un impegno lavorativo precario. Proprio per questo il disoccupato non viene cancellato dalle liste di mobilità, ma ha comunque diritto ad essere ricompensato con un assegno mensile pagato dall'INPS e rivalutato ogni anno.
La normativa che disciplina l'utilizzo di lavoratori socialmente utili ha subito varie modifiche nel corso del tempo.
In Italia si è parlato per la prima volta di questo tipo di attività nel 1981 con la Legge n. 390, in base alla quale potevano essere utilizzati i disoccupati residenti nel Mezzogiorno che percepivano trattamenti di integrazione salariale.
Successive leggi e decreti hanno esteso, poi, la possibilità di ricorrere ai lavori socialmente utili anche nel resto dell'Italia.
Il decreto che per primo ha ridefinito le attività di pubblica utilità e dato indicazioni precise su soggetti utilizzatori e lavoratori utilizzabili è stato il Decreto Legislativo n. 468 del 1 Dicembre 1997, abrogato nel 2015 dal Decreto Legislativo n. 150.
In base alle attuali norme – e, nello specifico, all'articolo 26 del Decreto 150/2015 – le attività previste per un lavoro socialmente utile devono essere svolte sotto la direzione ed il coordinamento delle pubbliche amministrazioni e in favore della comunità territoriale di appartenenza, nel territorio in cui il lavoratore risiede.
Possono essere impiegati coloro che ricevono trattamenti di sostegno al reddito, per permettere mantenimento e sviluppo delle competenze acquisite. Si tratta, dunque, di chi usufruisce di Cassa Integrazione Guadagni, Fondi di Solidarietà, Contratti di Solidarietà ed altri trattamenti speciali di disoccupazione.
Per i lavori socialmente utili si ricorre anche all'utilizzo di disoccupati con più di 60 anni che non hanno ancora maturato il diritto al pensionamento di vecchiaia o a quello anticipato.
Lavori socialmente utili: orario. Durante lo svolgimento delle attività, coloro che percepiscono trattamenti previdenziali devono rispettare un orario stabilito in base alla proporzione tra il trattamento stesso di cui usufruiscono e la retribuzione iniziale prevista per i dipendenti che operano nell'azienda utilizzatrice.
L'orario deve comunque rispettare il limite delle 20 ore settimanali e le attività devono essere organizzate in maniera tale da permettere al lavoratore di godere di un adeguato periodo di riposo.
Lavoro socialmente utile: retribuzione. Come anticipato, il lavoratore chiamato a svolgere attività per un Lavoro Socialmente Utile ha diritto ad un assegno mensile, denominato ASU (Assegno per le Attività Socialmente Utili) ed erogato dall'INPS.
Il lavoratore, però, deve essere impiegato per 20 ore a settimana e non oltre 8 ore al giorno: in caso di orario superiore a questi limiti, il soggetto utilizzatore deve corrispondere a suo carico un assegno integrativo.
L'assegno ASU non viene corrisposto in casi specifici, per esempio quando è in corso un'attività di lavoro subordinato a tempo pieno e con contratto a termine. È invece cumulabile con altre forme di reddito, come per esempio quello prodotto dal lavoro autonomo occasionale.
Lavori socialmente utili: ferie, assenze, malattia, permessi. Anche ai lavoratori socialmente utili il nostro ordinamento riconosce il diritto alle ferie, che seguono le stesse norme previste dal D.lgs. n. 66 del 2003 per tutti i settori di attività pubblici e privati.
In caso di assenza per motivi personali – anche giustificata – l'assegno viene sospeso, a meno che utilizzatore e lavoratore non prendano accordi per un recupero delle ore.
Se però le assenze si protraggono nel tempo al punto da rischiare di danneggiare il progetto per il quale si è deciso di ricorrere al lavoro socialmente utile, l'utilizzatore può chiedere la sostituzione del lavoratore.
Le assenze per malattia, se documentate, non provocano la sospensione dell'assegno. I lavoratori socialmente utili non percepiscono, però, indennità di malattia.
Per quanto riguarda i permessi, è possibile usufruire di 3 giorni mensili – anche frazionati – per assistere un familiare disabile (Legge 104/1992).
I lavoratori hanno, inoltre, diritto all'astensione obbligatoria in caso di maternità, all'indennità di maternità ed ai congedi di maternità e paternità.
Gli enti utilizzatori devono attivare per i lavoratori socialmente utili coperture assicurative presso l'INAIL contro malattie professionali ed infortuni sul lavoro e per la responsabilità civile verso terzi.
In caso di assenza per infortunio o malattia professionale il lavoratore percepisce l'assegno per quei giorni che non sono coperti dall'indennità dell'INAIL.
Secondo la nostra legge, in caso di guida in stato di ebbrezza una persona viene punita con sanzioni molto pesanti: se il tasso alcolemico nel suo sangue supera l'1,5 gr per litro, rischia l'arresto (da 6 mesi ad 1 anno), il pagamento di una multa (da 1.500 a 6.000 €), il sequestro del veicolo e, se c'è stato un incidente o si tratta di recidiva (ha già commesso lo stesso reato nell'ultimo biennio), anche la revoca della patente.
Se però il colpevole non ha provocato incidenti, la legge offre l'opportunità di convertire multa e arresto stabiliti dal giudice in lavori socialmente utili non retribuiti. Nello specifico, un giorno di lavoro socialmente utile corrisponde a 250 € di ammenda (dunque lavorerà fino a quando non avrà estinto del tutto la somma da pagare); 1 mese di attività, invece, corrisponde ad 1 mese di arresto.
Se la proposta di conversione viene accettata, sparisce anche la confisca del mezzo.