Diritto al nome

Tutela giuridica del diritto al nome

Diritto al nome: Codice Civile

Il diritto al nome è il diritto che ciascuno di noi ha di poter utilizzare il proprio nome civile in maniera identificativa, cioè in modo tale da potersi distinguere ed essere riconosciuto dagli altri in modo preciso.

La Costituzione Italiana, all'interno dell'articolo 2, sottolinea come la nostra Repubblica riconosca e protegga i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo individuo, sia come parte di quelle realtà in cui si sviluppa la sua stessa personalità.
Il diritto al nome viene visto dal nostro ordinamento proprio come un diritto inviolabile, in quanto viene acquisito automaticamente nel momento in cui nasciamo e ci "appartiene" per tutta la durata della nostra vita, per cui nessuno può servirsene al posto nostro senza il nostro permesso.

Fa parte, inoltre, della categoria dei "diritti indisponibili".
I diritti indisponibili sono quelli di cui non si può disporre liberamente, cioè non possono essere ceduti ad altri (venduti, lasciati in eredità) né si può rinunciare a goderne: si estinguono solamente al momento della propria morte.

Il Codice Civile prevede forme di tutela contro qualunque eventuale utilizzo illecito del proprio diritto al nome.
L'articolo 6 come prima cosa dichiara esplicitamente come ogni individuo abbia diritto al nome che gli è stato attribuito per legge alla nascita.
Questo nome è tecnicamente composto da due elementi:

Prenome e cognome, quindi, formano il nome civile di una persona, che per legge è "soggetto a pubblicità", ovvero è obbligatorio registrare nei registri di Stato Civile in tempi rapidissimi (di solito entro 24 ore dal momento della nascita).

La modifica del nome non può avvenire a proprio piacimento, se non in specifici casi previsti dalla legge, in modo particolare dal DPR (Decreto del Presidente della Repubblica) n. 396 del 3 Novembre 2000.
Secondo questo Decreto, la modifica può essere concessa ad esempio ad una donna che contrae matrimonio e desidera aggiungere al proprio cognome quello del marito, oppure a quelle persone il cui nome legale è motivo d'imbarazzo o di scherno (magari perché particolarmente ridicolo) o peggio ancora rivela in qualche modo informazioni che non si desidera rendere pubbliche. Per capire meglio quest'ultimo punto, ci basti pensare al fatto che fino a non molto tempo fa si era soliti assegnare a trovatelli o figli naturali sempre gli stessi cognomi (nel napoletano, per esempio, tipico era il cognome "Esposito" attribuito spesso ai bambini abbandonati).

La richiesta di modifica o aggiunta segue un iter burocratico particolarmente lungo e complesso.
Come prima cosa, è necessario presentare domanda al Prefetto della Provincia di residenza, il quale provvede ad inoltrarla al Ministero dell'Interno. Se la richiesta viene considerata giusta, la persona che l'ha presentata viene autorizzata a chiedere che venga affisso all'Albo Pretorio (la bacheca presente in tutti i Comuni sulla quale vengono esposti atti che per legge è obbligatorio affiggere) un sunto della stessa, per la durata di non meno di 30 giorni. Dopo questo periodo, se nessuno si è opposto all'operazione, viene mandata copia dell'avviso e un documento che certifica la sua affissione alla Prefettura, che nuovamente inoltra il tutto al Ministero. A questo punto finalmente il Ministero decide se dare o meno l'ok all'operazione: in caso positivo, emette un decreto di concessione, grazie al quale sarà possibile al richiedente modificare il proprio nome.
L'iter è relativamente meno complicato nel caso in cui la modifica sia richiesta a causa di un nome che crea imbarazzo, vergogna, scherno, ecc.: in queste situazioni, infatti, è il Prefetto ad occuparsi direttamente di ogni cosa e a decidere se approvare o meno l'operazione.

La tutela giuridica del Diritto al Nome è garantita dall'articolo 7 del Codice Civile.
Secondo questo articolo, nessuno può utilizzare illecitamente il nome di un'altra persona (per esempio attribuendolo a prodotti o a personaggi di fantasia) così come nessuno può "rubarlo" spacciandolo come proprio nome (usurpazione).
Nel momento in cui si è vittime di azioni di questo tipo, è possibile agire legalmente chiedendo ad un giudice di ordinare – attraverso una sentenza – la cessazione immediata del fatto illecito, cioè condannando il colpevole ed obbligandolo a smettere immediatamente di utilizzare quel nome.
Inoltre, è possibile anche chiedere un eventuale risarcimento danni nonché la pubblicazione della sentenza su uno o più giornali.

La possibilità di muoversi in modo legale contro chiunque leda il nostro diritto al nome è dovuta anche al fatto che questo diritto è strettamente collegato alla "personalità" di un individuo, quindi in qualche modo coinvolge anche l'identità personale.

Il diritto all'identità personale è un argomento recente nel mondo giuridico e consiste nel diritto che ha ogni persona di vedersi descritta esattamente così com'è, senza che vi siano inesattezze, falsità o altro che possano modificare (negativamente) la sua personalità davanti agli occhi degli altri.
È facile comprendere, quindi, come nel momento in cui qualcuno si appropria abusivamente del nome altrui e magari commette un reato, un'azione imbarazzante, ecc., ad esserne danneggiata è anche la stessa identità della vittima.

Lo pseudonimo può essere tutelato esattamente come il nome se acquisisce la sua stessa importanza.

Come sappiamo, lo pseudonimo è un nome di fantasia (o anche un anagramma) che una persona usa al posto del suo nome civile per varie ragioni, come per esempio mantenere l'anonimato, distinguersi meglio, far sì che gli altri la identifichino con qualcosa più facile da ricordare, ecc. Il suo utilizzo maggiore, infatti, avviene soprattutto in campo artistico, letterario, musicale.

Il nostro Codice Civile riconosce non solo l'esistenza dello pseudonimo, ma offre anche un modo per proteggerlo contro eventuali abusi, dedicando a questo argomento l'intero articolo 9.
Secondo questo articolo, lo pseudonimo che col tempo ha assunto lo stesso valore di un nome può essere protetto facendo riferimento alle stesse regole previste nell'articolo 7.

Diritto al nome: Elenco Avvocati e Studi Legali
Consenso al trattamento dei dati personali
È il permesso che una persona concede a chi ha raccolto i suoi dati personali di utilizzarli. Può esser dato dopo aver letto l’informativa, quindi si conosce cosa accadrà a quelle informazioni. Per i dati sensibili (per es. sulla salute) il consenso deve essere sempre scritto.
Garante della Privacy
È un’autorità amministrativa indipendente che si occupa di tutto ciò che riguarda la tutela della privacy. È chiamato anche "Garante per la protezione dei dati personali". Lo stesso Governo deve consultarlo in caso di leggi che potrebbero coinvolgere le informazioni riservate delle persone.
Ingiuria
Se una persona offende un’altra in sua presenza (anche tramite telefono, email, ecc.) si ha un’ingiuria. La vittima può agire legalmente querelando chi l’ha offesa. Con una condanna per ingiuria si rischiano fino a 6 mesi di reclusione o il pagamento di una multa.
Privacy: dati sensibili
Sono dati sensibili tutte le informazioni personali che consentono di rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni religiose, filosofiche, politiche, sindacali, lo stato di salute e la vita sessuale di un individuo.
Capacità di agire: cos’è
Per capacità di agire si intende la capacità di provvedere a se stessi e ai propri interessi in maniera autonoma. È una capacità che si acquisisce. La legge sancisce che tale capacità si raggiunge al compimento dei 18 anni. Inoltre si acquisisce e/o mantiene se si è capaci di intendere e di volere.
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