Uso e abitazione sono diritti reali di godimento, ovvero diritti che vengono esercitati sulle cose grazie ai quali ciascuno di noi ha l'opportunità di godere di un bene anche quando è di proprietà altrui. Concedendo questi diritti, infatti, il proprietario permette di fatto ad un'altra persona di utilizzare ad esempio un suo immobile oppure abitarlo.
Il titolare di un diritto d'uso o di abitazione deve rispettare in modo particolare una condizione: servirsi di quel bene solo per soddisfare i suoi bisogni personali e/o quelli della sua famiglia. Se ad esempio mi viene concesso da Marcello diritto di abitazione per il suo appartamento, dovrò garantirgli che lo utilizzerò unicamente per viverci con i miei cari, non per altri scopi.
Inoltre, per questo tipo di diritti è bene fare attenzione proprio alla figura della "famiglia": per famiglia, infatti, s'intende un nucleo composto da titolare del diritto con coniuge e figli (anche nati, adottati o riconosciuti successivamente) ed eventuali soggetti che convivono con queste persone perché sono al loro servizio, come badanti o maggiordomi.
Usufrutto, uso e abitazione sono apparentemente simili e molte norme che li disciplinano coincidono. In realtà esiste una differenza sostanziale tra loro che riguarda i poteri concessi al titolare di uno di questi diritti.
L'usufrutto, infatti, offre poteri e libertà maggiori rispetto all'uso e all'abitazione, in quanto può anche essere ceduto ad altre persone o dato proprio in locazione: se ho diritto di usufrutto sull'appartamento di Marcello, posso pure "affittarlo" ad un estraneo.
L'obbligo principale che dovrò rispettare è in questo caso quello di non modificare la destinazione economica di quel bene, quindi non trasformare mai l'appartamento in un ristorante.
Il diritto di abitazione, invece, impone limiti ed obblighi più restrittivi.
Prima di tutto, può essere concesso solo per i beni immobili destinati all'uso abitativo (come appunto un appartamento), che devono essere goduti solo in base a questa loro destinazione d'uso: se Marcello mi ha concesso il diritto di abitazione dell'appartamento, io posso tranquillamente andarci a vivere con la mia famiglia, ma non potrò servirmene, invece, come ufficio per la mia attività professionale.
Inoltre, per via dell'obbligo di utilizzarlo solo per soddisfare esigenze personali e familiari, il bene dato in abitazione non può né essere ceduto ad altri, né concesso in locazione.
Il diritto di abitazione ha in comune con l'usufrutto soprattutto la disciplina relativa alla sua durata: anche questo diritto, infatti, non è "eterno" e scompare automaticamente nel momento in cui chi ne è titolare viene a mancare. Di conseguenza non può essere trasmesso ad eventuali eredi del titolare, neanche tramite testamento.
Il diritto d'uso è molto simile a quello di abitazione, ma può essere concesso per ogni tipo di bene, sia mobile che immobile. In questo caso la persona che lo riceve può trarre dal bene tutti i vantaggi e frutti che desidera, ma sempre e solo nel limite dei fabbisogni suoi e della sua famiglia: se per esempio Marcello mi ha concesso l'uso di un suo terreno agricolo, io potrò raccoglierne i frutti, ma nel farlo dovrò rispettare il limite di ciò che può servire a me ed ai miei cari e non potrò, quindi, rivenderli liberamente sul mercato.
Il diritto d'uso di un immobile, inoltre, non impone come limite quello di utilizzarlo solo per viverci: se Marcello mi concede l'uso dell'appartamento e non l'abitazione, io posso servirmene anche come ufficio per la mia attività.
Anche il diritto d'uso, infine, non può essere né ceduto, né dato in locazione e, come usufrutto ed abitazione, non è ereditario in quanto termina con la morte del titolare.
Uso e abitazione: coniuge superstite.
Un caso che ha suscitato non poche discussioni riguarda il cosiddetto coniuge superstite, ovvero la persona che vive il tragico evento della morte del proprio marito/della propria moglie.
Secondo l'articolo 540 del Codice Civile, in queste situazioni il coniuge superstite ha sia diritto di abitazione per quanto riguarda l'immobile che era stato adibito a casa familiare, sia diritto d'uso per i mobili in esso contenuti, se il bene era proprietà del defunto o proprietà di entrambi.
La norma è stata interpretata in vari modi nel corso del tempo, fino ad arrivare ad una Sentenza delle Sezioni Unite del 2013, con la quale è stata ribadita l'importanza di questi diritti per il coniuge superstite: grazie ad essi, infatti, può essere maggiormente tutelato ed evitare, quindi, di subire l'ulteriore trauma di dover lasciare la propria casa dopo la scomparsa del consorte.