Subaffitto è un termine spesso utilizzato in modo improprio nel linguaggio comune, al pari di "affitto": siamo soliti parlare di affitto nel momento in cui paghiamo per vivere nella casa di un'altra persona e di subaffitto quando cediamo una stanza di questa casa a qualcuno in cambio di una somma mensile. In queste situazioni è invece giuridicamente corretto utilizzare altri termini: secondo la nostra legge, infatti, quando ci troviamo di fronte ad un bene destinato all'uso abitativo (un appartamento) o commerciale (un capannone) possono essere stipulati contratti di "locazione" e "sublocazione", mentre "affitto" e "subaffitto" possono nascere solo per i beni produttivi, cioè per quei beni destinati alla produzione di qualcosa (come per esempio un'intera azienda o un suo ramo).
Un contratto di subaffitto, dunque, può essere stipulato quando una persona che ha affittato un bene produttivo – chiamata affittuario – ne permette l'utilizzo ad un terzo soggetto – il subaffittuario – in cambio del pagamento di un canone.
Il subaffitto è legale nel momento in cui rispetta le norme previste dal Codice Civile.
In base all'articolo 1624 del Codice, è necessario il consenso del locatore (del vero proprietario di un bene) per poter subaffittare qualcosa.
Se il locatore è favorevole all'operazione, l'affittuario può subaffittare il bene, ma non può cedere direttamente il contratto di affitto ad un'altra persona: sarà, quindi, necessario dar vita ad un sub-contratto.
Inoltre quando il locatore dà il suo consenso al subaffitto, questa operazione viene considerata come un affitto diretto proprio tra lui ed il subaffittuario.
Il subaffitto è illegale quando viene instaurato il rapporto nonostante il locatore abbia rifiutato il suo consenso oppure quando l'affittuario decide di concedere in subaffitto un fondo rustico, ovvero un terreno agricolo destinato alla coltivazione.
In base alla Legge n. 203 del 1982 che riporta le norme per i contratti agrari, infatti, è vietato il subaffitto dei fondi rustici nonché qualunque altra forma contrattuale attraverso la quale un affittuario permette ad un'altra persona di esercitare l'attività agraria sul terreno che ha ottenuto in affitto e contemporaneamente continua a mantenere un rapporto diretto con il proprietario di quel terreno.
Il divieto non riguarda quelle situazioni in cui chi affitta un terreno affida alcuni lavori ad altre persone (potrebbe non essere un coltivatore diretto e quindi potrebbe aver bisogno di chi esegua materialmente il lavoro per lui), bensì quei casi in cui l'affittuario si disinteressa del tutto del fondo e lo concede completamente e per lungo tempo a terze persone: se affitto un terreno per la coltivazione del grano ma non sono un agricoltore, posso sì rivolgermi ad altre persone che eseguiranno i vari lavori per conto mio, ma non posso subaffittarlo, cioè concederlo ad un estraneo che eseguirà quei lavori per se stesso pagandomi in cambio un canone.
Se il divieto di sublocazione viene violato, il proprietario del terreno può agire legalmente chiedendo la dichiarazione di nullità del contratto di subaffitto nonché la risoluzione del contratto d'affitto che ha originariamente stipulato con l'affittuario.
Per far valere i suoi diritti, deve però muoversi entro il termine legale di 4 mesi, calcolati dal giorno in cui viene a conoscenza dell'esistenza di una sublocazione illegale. Se non rispetta questo termine, infatti, il subaffittuario subentra automaticamente nella posizione giuridica dell'affittuario, cioè lo sostituisce assumendone anche diritti e doveri; se invece il locatore si muove per tempo e fa dichiarare nulla la sublocazione, il subaffittuario ha sì il diritto di subentrare al posto dell'affittuario, ma in questo caso il rapporto diretto che si instaura tra lui ed il proprietario del terreno può durare massimo 3 anni (conteggiati dalla scadenza dell'anno in corso) e comunque non può superare il termine stabilito sul contratto di affitto originario.