La vita all'interno di un condominio, anche se può avere numerosi vantaggi, nella realtà di tutti i giorni non sempre è un'esperienza piacevole. Lo dimostra il fatto che, da recenti sondaggi, una causa su 5 presente nei tribunali italiani riguarda proprio problemi condominiali.
Le liti condominiali, infatti, sono spesso all'ordine del giorno.
Nella maggior parte dei casi si tratta di conflitti che nascono per via di rumori oppure odori molesti o problemi tra condomini di questo tipo. Può capitare, per esempio, che un condomino abbia l'abitudine di ascoltare musica a tutto volume anche fino a notte inoltrata, oppure che qualcuno abbia il vizio di fumare in ascensore o di far cadere sul nostro balcone briciole, acqua dai panni stesi e così via. Questi comportamenti, oltre che infastidirci, possono anche andare contro il regolamento stesso (nel nostro condominio, per esempio, potrebbe essere vietato stendere i panni sul balcone).
Cosa si fa in questi casi? Prima di tutto, seguendo un po' di buonsenso, bisognerebbe rivolgersi direttamente al responsabile di queste azioni, chiedendogli educatamente di metter fine ai disturbi o alle violazioni.
A volte, però, accade che questa semplice ed umana richiesta non venga accolta.
Possiamo allora rivolgerci all'amministratore del nostro condominio, il quale cercherà di far da mediatore tra noi ed il condomino che sta creando il disturbo. L'amministratore potrà anche richiamarlo (ad esempio comunicargli che ha ricevuto lamentele per via dei panni stesi sul balcone ed invitarlo a metter fine a questa pratica in quanto vietata dal regolamento) o addirittura multarlo.
Se nemmeno in questo modo la situazione migliora, allora ci si può rivolgere ad un Avvocato per valutare se è il caso di procedere per vie legali.
A partire da Settembre 2013 (Legge 220/2012), è nato un nuovo obbligo per chi ha intenzione di ricorrere alla giustizia quando si tratta di risolvere conflitti condominiali o impugnare delibere e regolamenti (cioè chiedere che vengano considerati nulli). Secondo il "Decreto del fare", in questi casi prima di rivolgersi ad un Giudice bisogna tentare la conciliazione, cioè cercare un accordo con la controparte rivolgendosi ad Enti di mediazione accreditati dal Ministero della Giustizia.
Quindi, se abbiamo intenzione per esempio di opporci ad una delibera assembleare, dobbiamo prima consegnare una domanda di conciliazione ad uno di questi organismi situato nella Circoscrizione del Tribunale del luogo in cui si trova il condominio.
Questa richiesta di conciliazione verrà poi notificata al rappresentante legale dell'edificio, cioè all'amministratore.
L'amministratore, però, non può decidere da solo se accettare l'invito a prendere accordi, quindi dovrà convocare un'assemblea straordinaria. Durante l'assemblea saranno i condomini a stabilire cosa fare attraverso la votazione.
Se la maggioranza dei condomini che rappresenta la metà del valore dell'edificio vota in modo favorevole, l'invito è accettato.
A questo punto l'amministratore si presenterà agli incontri con il mediatore in veste di rappresentante dell'intero condominio e si cercherà di risolvere il conflitto entro e non oltre 3 mesi.
Durante tutto il procedimento, sia noi che l'amministratore siamo obbligati a farci assistere dai nostri avvocati. L'avvocato che difende il condominio può essere nominato dall'amministratore oppure dall'assemblea.
Se la maggioranza, invece, non accetta la mediazione, allora verrà scritto su un verbale che la conciliazione è fallita. A questo punto si può procedere per vie legali. Potremo, quindi, presentare un ricorso o una citazione al Giudice del Tribunale del luogo in cui si trova il condominio, allegando anche la copia del verbale in cui si dichiara che la conciliazione non è stata possibile.
Oltre alla conciliazione, esiste in realtà un altro metodo per risolvere in tempi brevi e a prezzi contenuti i conflitti all'intero di un condominio, cioè l'arbitrato.
Con l'arbitrato, il compito di trovare una soluzione viene dato a persone esperte di conflitti condominiali.
Può essere dato ad un unico "arbitro" oppure ad un "collegio arbitrale", formato da tre persone di cui due scelte dalle parti in conflitto ed una invece nominata da qualcuno che è al di sopra delle parti, come ad esempio il Presidente del Tribunale.
Arbitro e collegio giudicano il caso e producono il "lodo arbitrale", cioè una sentenza che è paragonabile a quella emessa da un Giudice di Tribunale, in quanto ha la sua stessa efficacia.