L'insegna è uno dei segni distintivi previsti dal nostro ordinamento per le attività economiche, ovvero un elemento grazie al quale è possibile distinguere un'azienda da altre realtà simili che operano sul mercato.
Permette, nello specifico, di riconoscere lo stabilimento e/o la struttura all'interno della quale viene esercitata l'attività: se sto cercando in città la sede di un nuovo ristorante, mi accorgerò di esserci arrivata nel momento in cui vedrò posizionato sulla facciata di un palazzo un riquadro in cui è riportata l'immagine di un piatto e il nome del locale in questione, cioè quando scorgerò la sua insegna.
Il Codice Civile si occupa dell'insegna nell'articolo 2568, limitandosi a sottolineare come la disciplina che ne regolamenta l'utilizzo si rifà totalmente a quella della ditta, cioè di quell'ulteriore segno distintivo che, nel linguaggio giuridico, corrisponde al nome commerciale di un'azienda.
Esattamente come la ditta, anche l'insegna deve rispettare in primo luogo il principio dell'originalità: non deve mai essere identica o troppo simile a quella utilizzata da un'altra azienda che opera nello stesso territorio, in quanto il pubblico deve poter distinguere le due realtà senza cadere in confusione.
L'imprenditore che per primo adotta un'insegna assume diritto d'uso esclusivo sulla stessa, un diritto che mantiene solo se poi effettivamente la utilizza.
Grazie a questo diritto, può impedire ad altri di servirsi di insegne identiche o troppo simili alla sua, agendo anche per vie legali: può, infatti, dar vita ad una azione proibitoria, ovvero chiedere ad un giudice di obbligare un concorrente a metter fine al suo comportamento sleale. Inoltre, nel caso in cui il concorrente abbia agito con dolo o colpa, l'imprenditore in possesso di diritto d'uso esclusivo su un'insegna può chiedere un risarcimento danni.
L'insegna commerciale può contenere al suo interno nomi/parole (insegna denominativa) oppure immagini (insegna figurativa) o entrambi questi elementi (insegne miste).
Ciò che conta è che si tratti sempre di qualcosa di lecito: non deve riportare immagini o parole contrarie a ordine pubblico e buon costume, né stemmi o simboli che per legge possono essere utilizzati solo dalle istituzioni pubbliche.
L'insegna deve, infine, essere sempre specifica (cioè non riportare elementi troppo generici, altrimenti diventerebbe difficile individuare con precisione l'attività che si sta cercando) e soprattutto "veritiera". Se ad esempio sono titolare di un'azienda che si occupa esclusivamente di produrre confezioni per alimenti e scelgo per la sede della mia attività un'insegna in cui sono raffigurati farina, uova e latte, sto di fatto ingannando il pubblico: chiunque potrebbe scambiare il mio stabilimento per un luogo in cui vengono prodotti generi alimentari.
La tassa sull'insegna è un tipo di imposta comunale che è obbligatorio pagare per la diffusione di messaggi pubblicitari. Per il nostro ordinamento, si è soggetti a questa tassazione nel momento in cui i messaggi pubblicitari sono riportati su cartelli, targhe, insegne o simili collocati in luoghi pubblici o aperti al pubblico, o che comunque risultano ben visibili da zone pubbliche.
La somma dovuta come tassa viene generalmente calcolata in base alla superficie minima che questi elementi occupano, indipendentemente dal numero di messaggi che riportano, e nel conteggio possono essere considerate anche eventuali cornici, qualora non abbiano una funzione solo di sostegno.
Per le insegne di esercizio di attività commerciali e/o di produzione di beni e servizi è stata comunque prevista un'esenzione: dal momento che la loro funzione principale non è quella di pubblicizzare qualcosa bensì indicare la sede in cui si svolge un'attività economica, se la superficie totale che occupano non supera i 5 mq non si è soggetti a tassazione.
Tuttavia ogni singolo Comune può calcolare ed applicare l'imposta per la diffusione di messaggi pubblicitari in modo differente rispetto agli altri, nonché prevedere eventuali ulteriori agevolazioni fiscali.