Il Diritto d'Autore è stato applicato al mondo dei cosiddetti "software" - i programmi informatici – in tempi relativamente recenti, per la precisione dal momento in cui hanno iniziato a diffondersi nella nostra società questo genere di prodotti.
La legge italiana che regolamenta questo diritto – Legge n. 633 del 22 aprile 1941 – ha infatti subito nel corso del tempo numerose modifiche ed aggiornamenti, per via dell'esigenza sempre maggiore di tutelare le "opere dell'ingegno" (le creazioni frutto della mente umana) in tutti i settori in cui fanno la loro comparsa. Tra questi settori, quello che ha subito una forte evoluzione negli ultimi 30 anni è proprio il mondo informatico.
I software sono quei programmi installati sul computer che ci permettono di compiere operazioni come scrivere testi, modificare fotografie, anche navigare in internet. In realtà qualunque cosa sia installata sul Pc può essere definita software o insieme di software: senza i programmi, infatti, un computer è solo una scatola piena di cavi, circuiti ed altri oggetti del tutto inutilizzabile.
Ciò è dovuto al fatto che, dal punto di vista tecnico, un software non è altro che un insieme di istruzioni che vengono date all'elaboratore affinché compia specifiche azioni. Si tratta, quindi, di qualcosa che non possiamo toccare con mano, un "bene immateriale" nato dalla mente di qualcuno e, di conseguenza, meritevole di protezione legale.
La tutela del software in Italia ha fatto la sua comparsa negli anni Novanta a seguito di una direttiva europea – la Direttiva 91/250/CEE – recepita dal nostro ordinamento con il Decreto Legislativo n.518 del 29 Dicembre 1992.
Da quel momento si iniziò a parlare anche nel nostro Paese (come era già successo in America negli anni Ottanta) di Diritto d'Autore software (cioé per i programmi informatici).
È bene sottolineare, però, che tuttora questo argomento risulta piuttosto complesso da affrontare in quanto ancora molto discusso in ambiente legale.
Attualmente la protezione offerta dalla legge è riservata solo a programmi che presentano come requisito principale la "creatività": non devono essere necessariamente software "nuovi" e/o mai visti prima, ma è importante che presentino invece una certa originalità rispetto ad altri già esistenti.
Inoltre, i programmi informatici sono tutelati in qualunque modo o forma vengano espressi, quindi indipendentemente dal supporto sul quale sono memorizzati.
L'autore di un software è la persona fisica che lo crea ma, nel caso in cui il programma sia frutto della collaborazione tra più individui, si parla di coautori (più autori contemporaneamente).
Se un programma si presenta come opera collettiva, è considerato titolare del diritto d'autore chi si è occupato della sua organizzazione, scegliendone le varie parti che la compongono.
Per avere la certezza di chi è effettivamente autore di un software, in Italia è stato istituito un apposito Registro Pubblico speciale presso la SIAE (Società Italiana Autori ed Editori). Su di esso vengono riportati nome dell'autore di un programma, data in cui è stato creato, nome di chi detiene i diritti patrimoniali su quella creazione.
Normalmente all'autore di un software spettano due diritti:
Esiste, però, un'eccezione per quanto riguarda il diritto patrimoniale.
Il dipendente di un'impresa, infatti, anche se crea materialmente il programma e ne è quindi autore (diritto morale), non assume direttamente diritto patrimoniale sullo stesso se ciò che ha realizzato rientra tra le mansioni per le quali è stato assunto o è stato frutto di un ordine impartito dal datore di lavoro. In questi casi il diritto patrimoniale spetta proprio al datore, che ha quindi la possibilità di decidere cosa farne di quella creazione.
L'autore del software (o chi comunque ne detiene i diritti) può eseguire sullo stesso varie operazioni o autorizzare altre persone a compierle. Per esempio, può riprodurlo/copiarlo totalmente o parzialmente, tradurlo, adattarlo, trasformarlo, modificarlo, ecc.
Chi compra una copia di quel software, assume il diritto di utilizzarlo.
L'acquirente ha per legge anche la possibilità di creare una copia di back-up (di riserva) del programma, provarlo, osservarlo, studiarlo per capire come funziona, modificarne il codice per assicurarsi l'interoperabilità con altri software (cioè far sì che sia in grado di interagire con gli stessi), il tutto senza dover chiedere obbligatoriamente il consenso a chi ne detiene i diritti patrimoniali.
Licenze software: normativa.
Il titolare di diritti sul software permette all'utente che lo acquista di servirsene rispettando precise licenze d'uso, ossia veri e propri contratti sui quali è descritto come può essere utilizzato il programma e quali diritti e doveri vengono assunti sullo stesso.
Un software può essere protetto da licenze di vario tipo: oltre a quelle commerciali (per le quali è necessario il pagamento di una somma di denaro), un programma può essere rilasciato anche con licenze gratuite. Elenchiamo di seguito le più comuni:
Altre licenze permettono di utilizzare, copiare, distribuire ed anche modificare un programma in modo completamente gratuito, ma non lo tutelano pienamente dal punto di vista legale. Si tratta delle cosiddette "licenze libere", come quelle pubbliche della Creative Commons.
Le sanzioni previste per la violazione del diritto d'autore in caso di software sono varie e dipendono dallo scopo per il quale il programma viene copiato illecitamente.
In generale, se viene duplicato per fini di lucro (quindi con l'intenzione di rivendere la copia illegale, senza chiedere l'autorizzazione del titolare dei diritti), scattano sanzioni penali, che comportano non solo il pagamento di multe da migliaia di euro, ma anche la detenzione in carcere per un certo numero di anni.
Una recente modifica alla legge sul Diritto d'Autore – attuata a partire dalla Legge n. 248 del 2000 – ha fatto sì che ad essere sanzionabili non siano solo coloro che riproducono illegalmente un programma per poi rivenderlo: attualmente è infatti prevista una sanzione amministrativa anche per chi copia un programma per uso personale, se l'ha duplicato con l'intenzione di ottenere un "risparmio di spesa" (cioè evitare di doverlo comprare).